5.12.14

Dolce Carmela


Doña Carmela ebbe quattro figli, la metà di quanti ne diede alla luce sua madre e un terzo rispetto a sua nonna. “Una volta sì che erano bei tempi!”, le piaceva ripetere. Da ragazza imparò a cucinare e a stirare per i suoi fratelli più grandi - vecchia scuola delle madri provinciali che si estinsero con il tempo. Insegnamenti che cercò di trasmettere, senza alcun successo, ai suoi figli che crebbero più curiosi, meno conformisti e alquanto monelli. Iván, suo marito, lavorava in miniera e spesso tornava a casa solo i fine settimana. Il suo arrivo era sempre una gran festa perché portava giocattoli, caramelle e cioccolatini per i bambini. E pasticcini per la sua Dolce - così amava chiamare Carmela da quando erano fidanzati.

17.11.14

Baffo Carrillo


Torres lo smilzo scoppiò a ridere fragorosamente, sbattendo entrambe le mani contro il tavolo, quando il cameriere che ci aveva portato il secondo giro di birre ci confermò che il tipo seduto dall’altra parte del locale era il leggendario Baffo Carrillo. “Mi devi il prossimo giro!”, disse lo smilzo, togliendosi la cravatta con la mano sinistra mentre con la destra si riempiva il bicchiere. “Quell’uomo era il mio eroe, per dio!”, continuò nostalgico. Forse fu un eroe per tutti quelli che, come noi, vedevano il suo programma sul cinque, un tripudio di ballerine e cantanti da tutto il mondo. “Grazie a lui Héctor Lavoe iniziò la sua carriera, e dicono che Mercedes Sosa lo trattasse come un fratello ogni volta che si vedevano. Ha fatto il giro di tutto il pianeta, e ora guardalo lì a bere solo soletto”.

9.11.14

Milano in un minuto [VIDEO]

Se non conosci ancora la citta' di Milano, ecco cosa potrai trovare, ti invito a visitarla!

 
 

5.11.14

La maestra


Sono cresciuto ascoltando i Beatles grazie a mio padre e questa stessa passione l’ho trasmessa a mio figlio Franco. Mi diverte molto sentirlo cantare a suo modo e vederlo saltare sul sedile mentre lo accompagno a scuola. Sono bei momenti, unici. Sono ormai lontani i tempi in cui discutevo continuamente con Isabel, le recriminazioni, gli insulti. E’ passato un anno da quado abbiamo divorziato e le nostre vite girano ora attorno al nostro piccolo che ci ricorda quanto siamo stati innamorati.

3.11.14

Malasorte

“L’unica cosa che ho fatto è stato correre con lei”, mi dice con un filo di voce, lo sguardo nel vuoto e il volto pallido; ritratto di un uomo distrutto. Scarabocchio due cerchi sul mio quadernetto cercando di concentrarmi e gli domando di raccontarmi ancora una volta tutta la storia. Vorrei offrirgli una sigaretta, ma me ne rimane solo una e già so che ne avrò bisogno più tardi. Lui appoggia le mani sul tavolo e comincia di nuovo.

“Nell’autunno 2010 decisi di riscrivermi in palestra e di fare attività fisica all’aria aperta. Cominciai ad andare al Parco Sempione, a circa un kilometro da casa mia. L’idea era di correre cinque kilometri al giorno, così sarei stato in forma per l’estate. Un pomeriggio, mentre stavo facendo stretching, la vidi per la prima volta. Incrociammo gli sguardi, poi lei andò per la sua strada e io per la mia. Il giorno dopo ci incontrammo ancora, questa volta ci salutammo velocemente e come il giorno precedente ognuno per la sua strada. Ricordo con certezza che era una domenica quando ci vedemmo nuovamente e decidemmo di correre insieme. Mi presentai, lei mi disse il suo nome, mi domandò da quanto tempo correvo, domande semplici e veloci. Era bella, mi piaceva e credo che anche io le piacessi, mi guardava in quel modo, non saprei bene come spiegarlo… però capisci quando una ragazza è interessata a te. Corremmo insieme tutta la settimana successiva e la domenica, che cadeva proprio l’ultimo giorno del mese, prima di salutarci mi invitò a casa sua a fare un aperivo. Io accettai volentieri pensando che magari avremmo finito la serata baciandoci. Camminammo per quindici minuti fino al suo appartamento che era al decimo piano di un palazzo nuovo. Mi fece accomodare nella piccola sala e poi credo le fosse venuto in mente qualcosa perché mi disse che doveva uscire a comprare qualcosa. Mi offrii di accompagnarla ma lei rifiutò e mi chiese di aspettarla, che non ci avrebbe messo molto. In realtà, non tornò più…”

- Quasi non la conoscevi, quale ragazza lascerebbe una persona appena conosciuta da sola in casa propria?!

- Non lo so, forse si fidava di me…

- Dove pensi che potesse andare a comprare qualcosa se la domenica è tutto chiuso!

- Magari glielo avessi chiesto, io avevo la testa da tutt’altra parte…

- Hai detto che sei rimasto solo in sala, allora perché abbiamo trovato tue impronte nella sua stanza?

- Stavo curiosando, nulla di più…

- Abbiamo un video nel quale si vede che pochi minuti dopo essere uscito sei ritornato?

- Ovvio, non sapevo che fare, per un momento pensai di andarmene, ma poi se lasciavo la porta aperta e le svaligiavano la casa sarebbe stata colpa mia…

- Ok…cercherò di essere chiaro e ti chiederò una volta per tutte, per il bene di entrambi, di dirmi che cosa è successo con Valeria Brero la notte del trentuno di Ottobre del 2010.

- Glielo giuro sulla mia vita, non lo so!

- Credi forse che la tua vita valga più della vita di quella ragazza? Aveva appena ventiquattro anni!

- Se potessi tornare indietro nel tempo non entrerei mai in quella casa!

- Però l’hai fatto, quindi dimmi, dove cazzo l’hai messa?

- Non lo so, merda! Io non ho fatto nulla! Non ho ammazzato nessuno per Dio!

- Stai zitto, miserabile, stai zitto! Qui comando io, mi capisci, ti dirò io quando aprire bocca e quando no, mi hai già stufato con la tua stupida faccia

Scoppia a piangere con lo sguardo rivolto verso il pavimento mentre io mi asciugo il sudore dalla fronte. In mezz’ora ho scritto solo sette parole nel mio quadernetto.

“Sai, io so tutto di te. A scuola ti chiamavano coniglio per i tuoi dentoni e una volta hai fatto a pugni con uno dei tuoi compagni perché si prendeva gioco di te. All’università ti innamorasti di Alessandra, che però ti tradì con il tuo migliore amico. Ti eri iscritto a un sito di scommesse e una volta perdesti duecento ventidue euro. Potrei continuare, come ti ho detto so tutto di te”. 

Mi guarda sorpreso, fà per prendere aria come preparandosi a rispondere, poi lascia cadere le spalle, rassegnato. Guarda il tavolo, guarda il mio quadernetto, infine guarda me, quasi tentando di leggere i miei pensieri. Non so se ho davanti un perfetto psicopatico o un poveretto molto sfortunato. Mi alzo, lo saluto dandogli la mano. Sto pensando che ho solo un gran bisogno di fumare l’ultima sigarette che mi è rimasta, andare a casa e bermi un paio di birre. Lui deve tornare nella sua cella. “L’unica cosa che ho fatto è stato correre con lei”, ripete. E stranamente io gli credo…

Eduardo Ramon (Milano, 2013)

23.10.14

Un amore d'estate


Ci guardammo per un attimo senza dire una parola. Avrei potuto giurare che si sentiva in sottofondo “The Way” dei Fastball, la nostra canzone preferita in quei giorni lontani, colonna sonora della nostra storia. Lei mi prese per mano e camminammo insieme sulla sabbia ancora tiepida. Per un attimo ritornammo a essere ribelli, sognatori, stupidi. All’improvviso inciampai, quasi cademmo, lei si lasciò scappare un disperato ma sincero “Merda!” e iniziammo a ridere come pazzi. Per la seconda volta nella nostra vita non c’era spazio per discorsi, spiegazioni, e men che meno per promesse, che all’epoca non pesavano tanto come ora, a trent’anni suonati. Solo risate e qualche breve momento di nostalgia in omaggio a un amore che nacque una notte come questa, sulla stessa spiaggia quindici anni fa.

15.10.14

Il Pirata


Squallido e sgarbato sin da quando aveva imparato a muovere i primi passi, nel quartiere lo avevano visto crescere come una pianta selvaggia di cui nessuno si prende cura, ma che contro qualsiasi pronostico riesce a sopravvivere. Era stato adottato dalla strada che gli aveva regalato pane secco da mangiare e piedi veloci per scappare con la frutta che rubacchiava al mercatino. Dei suoi genitori e dei suoi fratelli non sapeva quasi nulla, qualcuno gli aveva raccontato che erano morti in un incidente, altri che erano andati a lavorare in una piantagione di caffè in Costa Rica. Nessuno gli aveva mai detto perchè lo avessero abbandonato, nè lui lo aveva mai chiesto. Lo chiamavano “Il Pirata” perché da piccolo era stato colpito con una pietra nell’occhio mentre faceva a botte in una delle tante risse tra bande dei quartieri più poveri de La Victoria, dove un pezzo di terreno si protegge anche a costo della vita. A causa di questa ferita era stato costretto a portare una benda sporca sull’occhio sinistro per qualche mese, ma l’occhio non sarebbe mai guarito completamente.


8.10.14

Atomico


A venti anni si rese conto che chiamarsi Massimiliano Buongiorno sarebbe stato il primo impedimento per diventare un supereroe. Sapeva che un nome di battesimo come il suo era destinato all’oblio, sarebbe stato buono solo per passare inosservato tra la moltitudine, paragonabile a un qualsiasi Tal Dei Tali. Una sera, vedendo un documentario in televisione, sentì per la prima volta il termine “atomico” e, sebbene non ne intese il senso, fu come un’illuminazione, una sensazione che lo folgorò; seppe allora che chiamandosi così avrebbe raggiunto l’immortalità.

28.9.14

Ottavo piano


Gabriel si catapultò fuori dal letto quando si rese conto che era già tardi per andare al lavoro; la stessa storia tutti i santi giorni. Nulla aveva funzionato, né cambiare il tono della sveglia né tantomeno tenerla fuori portata. Nonostante il calendario indicasse che era ormai primavera inoltrata, le mattine continuavano a essere grigie, ragione sufficiente per rimanere al calduccio sotto le coperte.

26.9.14

La tedesca


Keep the change – disse la tedesca sorridendo in un perfetto inglese e facendo scivolare verso il bordo del tavolo i trentatré soles che Marco le aveva appena dato. Avrebbe potuto essere il giorno peggiore della settimana: per la seconda volta era stato bocciato all’esame di Economia, aveva litigato con Giuliana davanti alle sue amiche e, di conseguenza, aveva fatto tardi al bar, motivo per cui gli avrebbero trattenuto la paga di un’ora dal suo stipendio bisettimanale. Tuttavia quelle tre banconote, quelle tre monete e il sorriso della giovane nordica gli apparivano come una dolce carezza sulla spalla in grado di convincerlo che, in fondo, le cose sarebbero andate per il verso giusto.

25.9.14

#raccontoespresso: Racconti brevi, in italiano!


I 31 racconti brevi della serie #cuentoexpreso verranno pubblicati in italiano con l'etichetta "raccontoespresso" su questo sito. Seguici su per aggiornamenti, notizie e per restare in contatto:


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Eduardo