5.11.14

La maestra


Sono cresciuto ascoltando i Beatles grazie a mio padre e questa stessa passione l’ho trasmessa a mio figlio Franco. Mi diverte molto sentirlo cantare a suo modo e vederlo saltare sul sedile mentre lo accompagno a scuola. Sono bei momenti, unici. Sono ormai lontani i tempi in cui discutevo continuamente con Isabel, le recriminazioni, gli insulti. E’ passato un anno da quado abbiamo divorziato e le nostre vite girano ora attorno al nostro piccolo che ci ricorda quanto siamo stati innamorati.

Appena arriviamo a scuola, Franco corre a salutare i suoi amichetti e mi lascia da solo con la madre della piccola Milagros, la quale, sospetto, non abbia intenzioni particolarmente sante nei miei confronti. Quando cerco di divincolarmi, arriva mio figlio e mi prende la mano per salvarmi. Vuole presentarmi alla sua maestra, Sandra. Nella mia mente mi ero figurato una donna non particolarmente bella e già in età avanzata. Mi ero completamente sbagliato! La sua voce è gentile e i suoi occhi sembrano sorridere; ora so che mio figlio è in buone mani, letteralmente. Un pomeriggio vado a prenderlo un po’ prima del solito e decido di entrare fino al giardino. Stanno giocando con la vernice: gridano, si sporcano, litigano, così come fanno i bambini. Lei è lì, sempre sorridente, ha la faccia sporca di pittura, ma non sembra interessarle affatto. Nella mia mente passano due pensieri: che bello deve essere avere un lavoro che ti piace tanto, e, com’è bella lei, una bambina cresciuta all’improvviso. Franco la guarda da lontano, cerca di attirare la sua attenzione, le manda bacini con la mano. Piccolo mio, sei proprio come me. Esco prima che mi scoprano. Quando Franco mi dà il suo quadro faccio finta di essere sorpreso, nonostante già sappia che ha disegnato due grandi alberi pieni di mele. Lei mi saluta, le faccio i miei complimenti per il suo ottimo lavoro e andiamo via.

Fortunatamente ci sono delle cose per le quali non è necessario trovare una spiegazione e pensare al sorriso della maestra Sandra è una di queste. Trascorse esattamente due settimane, decisi di invitarla a cena. Sono un po’ arrugginito in tema di conquiste tanto che il mio approccio è stato decisamente ridicolo, ma lei nonostante tutto ha accettato timidamente. Dopo solo due bicchieri di vino avevo già iniziato a raccontarle la mia storia con Isabel, delle mie avventure come padre e del rapporto con Franco. Lei ascoltava, non sembrava annoiata, anzi rispondeva come se avesse vissuto le mie stesse esperienze, pur avendo dieci anni di meno. Uscimmo ancora insieme il giorno seguente, mi parlò dei suoi amori, delle sue pazzie quando frequentava l’università e dei suoi sogni. Ci divertimmo molto quella notte. Quando venne il momento di salutarci le dissi che se avessimo continuato a vederci mi sarei innamorato di lei. Ci guardammo, ci abbracciammo, e ci baciammo. Da allora iniziammo a scriverci su WhatsApp parlando di qualsiasi cosa, di giorno, di notte. Sentivamo la mancanza l’uno dell’altra. A scuola ci salutavamo mantenendo le distanze ma ci lanciavamo sguardi complici e maliziosi. Era il nostro bellissimo segreto.

Una sera però le dissi che non potevo stare con lei, se Franco se ne fosse reso conto mi avrebbe odiato. Pur essendo solo un’illusione di bambino non potevo permettere che un ricordo così rimanesse indelebile nella sua memoria. Lei non capiva il perché: come si può spiegare che un figlio viene sempre prima di qualsiasi altra cosa? Dal primo istante in cui lo vedi riponi in lui tutte le tue speranze e ti auguri che faccia con la sua vita quello che tu non sei riuscito a fare con la tua: osare, non avere rimpianti, essere migliore. Le lezioni si imparano, sicuramente qualcuno gli spezzerà il cuore, ma non voglio essere io. Forse rideremo di questo tra qualche anno, mi dirà che sono stato un’idiota a lasciarla e quando accadrà sospirerò…non capita tutti i giorni di lasciare andare via l’amore della propria vita.

Eduardo Ramon

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