21.8.17

Un giorno in meno


La routine era quella triste malattia che contagiava inevitabilmente chi va a lavorare nell’Ufficio di Contabilità della FuelDiscover, la prima società petrolifera del paese. Da buon gigante corporativo, aveva le tasche piene di soldi, cosa che attirava gente disposta a far solide radici sulla proprie sedie fino a ricevere il tanto agognato assegno di pensionamento.

Alfonso entró con questa stessa intenzione, di fatto, quando venne assunto festeggiò per due giorni di seguito come se avesse ottenuto una sorta di assicurazione per una lunga vita ricca di tranquillità e comodità. Sapeva che le preoccupazioni per le vacanze estive e per i regali di Natale non si sarebbero più ripetute, che gli agenti bancari non gli avrebbero più negato una carta di credito e poiché l’edificio si trovava nel centro finanziario della città, la probabilità di conoscere una segretaria gnocca (sua fantasia fissa da tutta la vita) sarebbero aumentate esponenzialmente. Con il passare degli anni si abituó a mangiare ai migliori buffet e a passeggiare per i centri commerciali durante la pausa pranzo, portandosi dappertutto il badge con le sue credenziali d’impiegato orgogliosamente attaccati al colletto della camicia, che quasi mai stava bene con la sua cravatta. “Trovati una donna per farti aiutare!” gli aveva detto il suo capo, piegato in due dalle risate quando una volta entró in una riunione indossando una combinazione di colori impresentabili, battuta che prese così seriamente che per mesi si vestì solo di nero, vestito e cravatta, e camicia bianca, ragione per la quale i suoi colleghi cominciarono a chiamarlo “Il bodyguard”. Cosa che non lo toccò particolarmente visto che, grazie al nuovo outfit, era riuscito a concludere con un paio di segretarie di altri dipartimenti all’interno dell’edificio, iniziativa che prima del cambiamento non era invece mai andata a buon fine.

Nessuno è mai soddisfatto di quello che ha e se riusciamo a appagare un bisogno sicuramente troveremo un'altra questione della quale occuparci. Alfonso si toglieva vari sfizi, incluso pagare per il privé delle discoteche, liquori costosi e centri massaggi di dubbia reputazione. Qualcosa però non lo convinceva del tutto, si sentiva assente, vuoto, una sensazione difficile da spiegare a parole. Gli amici gli dicevano che non doveva spaventarsi e che cercasse il modo per rilassarsi. Coscente che più relax di andare in vita quattro volte alla settimana non era possibile, decise di provare in altro modo. Non aveva mai fumato una canna e pensò che magari poteva essere utile per liberare un poco la mente. Durante la festa di compleanno del suo miglior amico Ricardo, un amante impenitente dell’erba, decise di mettersi all’opera. Passata la mezzanotte le poche persone che rimasero in casa si accomodarono nella sala, Ricardo abbasó il volume della radio e cominciò a rollare attentamente una canna artigianale. Quando fu il suo turno, Alfonso prese il cilindro di carta e lo passó al tipo che era di fianco a lui e si mise comodo sul divano per ascoltare gli altri, mentre il fumo faceva silenziosamente il suo lavoro nella sala. I minuti si susseguivano lenti, impossible sapere quanti. All’improvviso il tipo che gli stava vicino si girò verso di lui, lo guardò negli occhi e gli disse: “Tu hai qualcosa vero?”. Cercando di evitare la conversazione, Alfonso rispose: “Tutti abbiamo qualcosa”. Senza togliergli gli occhi di dosso, il soggetto insistette: “Tranquillo amico, non devi arrabbiarti, solo goditi il momento”. Alfonso pensó che il tipo dopo due tiri si fosse trasformato in un hippy senza né arte né parte, decise quindi si alzarsi, recuperare le sue cose e tornare a casa. Mentre salutava, lo stesso tizio gli fece un gesto, come a significare che voleva condividere un segreto con lui: “Come cambierebbero le nostre vite se al posto di sommare i giorni che passiamo su questa terra sottraessimo i giorni che ci restano da vivere?”.

La mattina dopo Alfonso arrivó in ufficio con la stessa sensazione pesante sul petto dei giorni precedenti. Accese il computer e si guardò attorno: le stesse pareti, lo stesso odore, gli stessi colleghi, le stesse voci, le solite battute. Sentì che stava morendo in quel posto giorno dopo giorno e gli tornò alla mente l’ultima frase che gli avevano detto la sera prima. Un calore iniziò a salire dai piedi, si allentò la cravatta inutilmente, si tolse la giacca del vestito e si alzò in piedi. Senza dire niente a nessuno, uscì dall’ufficio. Scendere quindici piani a piedi non gli era mai sembrato così facile come in quel momento. Piano piano iniziò a liberarsi della cravatta, della cintura, fino a quando anche le segretarie gnocche lo videro dalla finestra mentre si toglieva la camicia. Alfonso corse per tutto il viale fino ad arrivare al mare. Lo guardò e sorrise, lanciando per aria i pantaloni, l’ultimo capo che gli mancava. La gente che vide la scena quel pomeriggio pensó che un povero impiegato era diventato pazzo. In realtà videro un uomo finalmente libero.

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