21.8.17

Un amore senza internet


Quanto ti amo Clarita. Solo a te poteva venire in mente di esigere per il giorno del nostro primo appuntamento che nessuno dei due tirasse fuori il cellulare né utilizzasse internet, strumenti ai quali oggi è molto difficile rinunciare. Pensavo stessi solo scherzando ma con i tuoi occhioni marroni mi facesti capire che non era affatto così. Lo so. Volevi che fosse speciale, che richiedesse tempo, sforzo e immaginazione. Come fu per i tuoi genitori, che s’innamorarono senza tutte queste diavolerie e che ti fecero nascere in questo pazzo mondo.

L’avventura cominciò venerdì sera con Adriana, una nostra amica comune, che si offrì come testimone e arbitro di questa controversia old school. Davanti a lei spegnemmo i nostri cellulari con la promessa di non riaccenderli fino alla domenica. Promise quindi che, ligia al suo ruolo, avrebbe provato a telefonarci per tutto il sabato e che avrebbe controllato lo status di connessione dei nostri social networks per verificare che rispettassimo la parola data. La verità è che vederla così sicura ed eccitata mi fece quasi paura. Quella sera fu strano non poter augurare la buona notte a Clarita via WhatsApp e che lei non potesse rispondermi con una faccina di quelle gialle che lancia un bacio volante. Il giorno dopo fu un casino. Fedele alla mia parola, andai rapidamente in cucina per fare colazione bramando laptop e tablet. Nessuna notizia o mail da leggere, nessuna novità su Twitter o Facebook, né video a caso su YouTube. Sono così abituato ad aprire una quantità imprecisata di pagine, per poter assaporare poco a poco le tante informazioni dalle quali siamo bombardati, che la televisione mi diede l’impressione di essere troppo statica e noiosa, tanto che la spensi senza pietà. Era come una triste compagna, che una volta accesa trasmetteva solitaria, in secondo piano, cercando inutilmente di richiamare la mia attenzione mentre io mi sommergevo insaziabile nelle acque profonde di quel oceano invisibile (e invincibile) chiamato Internet.

Non ero pronto a un giorno così e senza un’agenda di riferimento dovetti arrangiarmi per trovare il numero di casa e l’indirizzo di Clarita. Dopo aver messo sotto sopra la mia stanza alla ricerca di un pezzo di carta sul quale avevo appuntato il numero di Adriana o il numero di qualcuno che la conoscesse (lei era l’unica che potesse salvarmi), mi venne in mente di vedere se per caso avevo conservato da qualche parte un suo bigliettino da visita. Quando la chiamai rispose immediatamente al cellulare - sicuro era tutta presa nel suo psicopatico compito di controllare se Clarita e io fossimo sempre off line – e dopo essersi accertata che la stessi chiamando dal mio telefono fisso mi dette sì, tra le risa, quel benedetto numero, ma l’indirizzo ”lo scopri tu da solo caro, mica vorrai vincere facile!”. Mi ero dimenticato di quella sensazione tra ansia e nervosismo, di quando l’altro telefono squilla. L’ultima cosa che ti aspetti è che ti risponda una voce da uomo, che ti chieda cosa vuoi, che semplicemente riatacchi o neppure ti rispondano: in parole povere, chi diavolo chiama al telefono fisso di questi tempi?! Questi pensieri deliranti mi facevano venir voglia di riagganciare per prepararmi un mini discorso e poi richiamare. Per mia fortuna rispose Clarita che mi raccontò di aver provato la stessa cosa con la televisione quella mattina. Nonostante tutti i suoi sforzi per spiegarmi dove viveva, non potei stabilire una mappa esatta nella mia mente, questo era lavoro per Google Maps. Alla fine mi trovai dalla parte opposta della città, a un’ora di distanza da casa mia.

Guidai per due ore, sapendo che a ogni svolta mi perdevo un po’ di più, chiedevo alla gente ed ero ancora più perso. Non potevo chiamare, e comunque non avrei ricordato neppure il mio numero a memoria. Sfinito e ormai conscio della mia dipendenza dalla tecnologia parcheggiai davanti a una farmacia per poter telefonare dal telefono pubblico a casa di Clarita che mi rispose preoccupatissima. Quella notte la passammo a casa sua – scoprii che viveva da sola - ridendo di quanto diventino difficili le cose che prima erano facili e viceversa. Quanto mi hai fatto sudare Clarita, però quando ti baciai e ti accarezzai i capelli mi resi conto che ne era valsa la pena fare questa pazzia e che per fortuna non eravamo e non saremo mai due faccine gialle che si mandano solo baci volanti.

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