21.8.17

Destino


È l’ora del sorteggio ragazzi!” disse Emilio, il più vecchio della festa. Fin a quel momento l’addio al celibato di Riccardo stava andando meglio del previsto: le ragazze che avevano contattato per l’occasione arrivarono puntuali e vestite da diavolette provocatrici, la lussuosa suite dell’hotel era enorme e potevamo fare tutto il rumore che volevamo, nessuno dei colleghi o degli amici invitati aveva dato buca e, cosa più importante, il futuro sposo si stava divertendo.

Il sorteggio” è una vecchia tradizione degli addii al celibato che consiste nel raccogliere tutti i documenti d’identità degli invitati in una busta o in qualsiasi contenitore nel quale si possano mischiare ed estrarre casualmente i nomi di coloro che avranno la possibilità di andare a letto con una delle ragazze. In parole povere, una scopata gratis. Eravamo in venti e c’erano quattro ragazze diponibili delle quali una in particolare aveva attirato la mia attenzione nel momento stesso in cui aveva messo piede nell suite. Il primo nome a essere estratto fu quello di Emilio. Avevamo tutti il sospetto che avesse imbrogliato, ma lui si era già infilato in una stanza con una delle diavolette prima che riuscissimo a protestare. Mi offrii per estrarre il nome successivo, sapendo che era l’unico modo per poter vincere. Nascosi la mia patente nella manica della camicia e misi la mano nella busta facendo esageratamente finta di mischiare tutti i documenti e alla fine sventolai con fare vittorioso la mia patente. Qualcuno se la prese, volevano che ripetessi il sorteggio, ma io afferrai velocemente la mia diavoletta per la mano ed entrammo in un’altra stanza.

Non avevo neppure chiuso del tutto la porta che Jocelyn – così disse di chiamarsi - mi era già saltata addosso completamente nuda. Sapeva perfettamente il fatto suo, e io non durai neppure cinque minuti. I miei amici mi presero in giro per la rapidità, ma io al posto di ripondergli mi avvicinai a Julian, un ragazzo (troppo) tranquillo che lavorava nel reparto di Logistica, con il quale ero solito condividere il tavolo in caffetteria all’ora di pranzo. Era in un angolo e guardava il suo cellulare. “Tocca a te!” gli dissi per incoraggiarlo. Mi osservò con sguardo timido, forse pensando che lo stessi mettendo alla prova. “Sono cento lucas*, fai che siano soldi ben spesi perché è una tigre!”. “Non ci arrivo” mi rispose e io scoppiai a ridere perché non mi aspettavo che mi prendesse sul serio. Gli porsi un bicchiere pieno di Rum, gli ficcai cento soles nel taschino della camicia e una volta che svuotò il bicchiere lo spinsi nella stanza dove Jocelyn aspettava. Quaranta minuti dopo uscì spettinato e vittorioso. Da lì diventò leggenda, il Rocco Siffredi della serata.

Nelle settimane successive continuammo a scherzare in ufficio, qualcuni mi chiamava “Cinque minuti” e io ridevo perché le nostre colleghe non capivano. Un pomeriggio, un collega della Logistica mi raccontò che Julian era diverso, spesso arrivava tardi e puzzava di alcol. Scoprii che stava frequentando Jocelyn. Non potevo crederci, approfittai di un venerdì di After Office e gli chiesi di parlare da soli. Aveva occhiaie profonde ed era più magro, mi disse che i suoi genitori non gli parlavano più e che si era trasferito in una stanzetta in Surco, che Jocelyn era speciale e che la stava aiutando a trovare un lavoro. Mi’infuriai, non potevo sopportare di vedere un ragazzo come lui rovinarsi così. “Ma che cavolo dici, la tua fidanzata è una zoccola!” gli dissi senza giri di parole. Julian mi tirò un pugno in faccia così forte che quasi caddi a terra. Dopo quell’incidente non parlammo più.

Julian lasciò l’azienda qualche tempo dopo, non seppi più nulla di lui fino a quando, passato un anno e mezzo e intento a comprare i regali di Natale, lo riconobbi in un centro commerciale. Era con Jocelyn, che in realtà si chiamava Pamela e spingeva un passeggino nel quale domiva un neonato. Ci salutammo, mi avvicinai al piccolo e poiché con il ditino indicava continuamente il mio portafoglio che tenevo in mano, glielo porsi per farlo giocare. Jocelyn – o Pamela – non aveva la gonna rossa, i collant neri, i tacchi alti, come la ricordava dall’ultima volta, ma indossava jeans e stivali marroni. Mi misi a parlare di cose che neppure ricordo, però in realtà stavo pensando a cosa sarebbe stato di Julian se quella notte non lo avessi spinto in quella stanza. Cosa ne sarebbe stato di Jocelyn. Credo che le persone non sono né buone, né cattive, solo giocano nel miglior modo possibile le carte che il destino distribuisce loro. E il piccolino, mentre armeggiava con il mio portafogli, all’improvviso tirò fuori la mia patente.

*luca=parola gergale per denaro

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